5 Gennaio 2009 di Daniele Frulla
Dalla Cina arriva la prima presa di posizione forte sulla sindrome da dipendenza da internet, un malessere che nel regno della censura è considerato ora ufficialmente malattia da curare e che nel resto del mondo è ancora studiato e valutato nelle sue dimensioni ed implicazioni.
Quello cinese potrebbe quindi essere il primo report ufficiale fatto alla World Health Organization.
Gli studi appartengono quasi tutti all’ospedale militare di Pechino e il ministero della salute ha già dichiarato che dal 2009 potrebbe adottare soluzioni e approcci promossi dalle ricerche del dr. Tao Ran fatte su circa 3.000 pazienti in 4 anni: «Abbiamo preso i sintomi che comparivano nello stesso momento almeno nel 50% dei pazienti e poi abbiamo cominciato a registrare con quale frequenza questi sintomi si ripresentassero» ha dichiarato il dottore.
Per cominciare dunque a parlare di dipendenza dalla rete in maniera patologica bisogna fare uso della rete per almeno 6 ore al giorno e esibire almeno uno dei sintomi evidenziati dal dr. Tao Ran tra i quali ci sono l’insonnia, difficoltà a concentrarsi, stress fisico o mentale, irritazione e «passare il tempo a desiderare di essere online». Seguendo tale direzione secondo Tao Ran almeno il 10% dei giovani cinesi sarebbe soggetto a tale sindrome, per la maggior parte maschi.
Ad ogni modo non sono solo i cinesi ad avanzare ipotesi su una simile sindrome, anche il resto della comunità scientifica mondiale ha più volte pensato di catalogare la “sindrome da dipendenza da internet”, pur non avendo mai compiuto un passo concreto in tale direzione. In Marzo L’American Journal Of Psychiatry ha proposto l’aggiunta di una “dipendenza da internet e videogiochi” al Manuale di Diagnostica e Statistica dei Disordini Mentali, la bibbia di chi lavora nel mondo della psichiatria.
Tutti sembrano comunque concordare sul fatto che internet non sia una causa ma semplicemente un sintomo di una sindrome di dipendenza maggiore. Un problema che può in molti casi, almeno in Cina, sfociare in un tale calo di produttività che porta al licenziamento.
Fonte: www.newstechnology.eu
Lascia un commento